A 77 anni suonati, quello che potevo fare l’ho fatto, ho lavorato al mio meglio nella ricerca e nella comunicazione sulla biodiversità nel campo dei musei scientifici tra il disinteresse degli amministratori e dei politici che governavano l’università e le istituzioni in cui ho lavorato. Quel poco che sono riuscito a fare l’ho ottenuto pregando umilmente di ascoltare le mie richieste e “elemosinando” i pochi spiccioli che riuscivo a ricavare tra le pieghe di bilanci quasi sempre insulsi irrazionali e di mera sopravvivenza.
Ora sono senza parole!
Oggi leggo questa notizia sul sito del Natural History Museum di Londra e mi mancano davvero le parole.
In Inghilterra sono stati stanziati 155 milioni (dico centocinquantacinque milioni) di sterline esclusivamente per la sola digitalizzazione delle collezioni scientifiche inglesi! Tutto nell’Ambito del progetto DiSSCo UK. Badate, si tratta della sola attività di digitalizzazione del materiale naturalistico conservato in tutti i musei e negli altri istituti di ricerca e conservazione del Regno Unito.
Torno allora con la mente alla mia felicità di quest’ultimo anno, forte del fatto che il nostro governo, con i fondi del PNRR, ha finanziato il nostro nuovo CENTRO NAZIONALE BIODIVERSITA’ (NBFC) con un mega finanziamento milioniario; In Italia non si era mai visto un impegno economico così importante per la Biodiversità. C’è da essere più che soddisfatti ma, immediatamente, mi viene spontaneo un confronto.
Da noi, in Italia, l’intero progetto del Centro Nazionale Biodiversità è stato finanziato con circa 300 milioni di euro per tutta la ricerca scientifica italiana sulla biodiversità condotta da 8 spoke di ricerca su mare, terra e ambienti urbani, con il coinvolgimento di una ventina di università e di centinaia e centinaia di ricercatori CNR e Universitari, (soltanto pochissimi dei quali, peraltro. lavoreranno concretamente sulla biodiversità come la intendiamo noi).
Il governo Inglese, invece, finanzia con 155 milioni di sterline la sola digitalizzazione delle collezioni naturalistiche conservate nei musei scientifici anglosassoni. Sono io che soffro di esterofilia smodata o c’è qualcosa che non funziona o che non riesco a capire?
Lasciatemelo dire: ma dove vogliamo andare?!
Qui di seguito il video integrale (Dep. for Science, Innovation and Technology) pubblicato su Twitter nel quale si comunica e si illustra il progetto oggetto del finanziamento.
Io mi fermo qua con questo volutamente breve articolo, e chiedo a tutti i colleghi museologi e ai ricercatori interessati di intervenire con commenti e idee per dare inizio ad una discussione seria sull’argomento.
Non piangiamoci addosso, vi prego, ma cerchiamo di attivarci concretamente con i nostri referenti amministrativi e il nostro governo identificando il modo migliore per mettere in evidenza quanto siamo realmente “quarto mondo” in questa attività di ricerca che, assieme alla tassonomia e alla comunicazione, è alla base di ogni azione di transizione ecologica che sarà necessaria per assicurare il futuro dell’ambiente di vita dell’intera umanità.
Grazie a chi vorrà contribuire alla discussione.
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