GRANDI UOMINI
Un vero dispiacere dover scrivere che Roberto Argano è morto. Mi fa addiruttura rabbia mettere insieme un tributo per lui, per ricordate un grande uomo. Scritti e immagini che lui non potrà vedere.
Roberto è stato per me fratello di una vita e per tanti di noi maestro, mentore e buon amico. E’ morto a ottantadue anni ma con tutta la sua cultura, la sua verve e la sua umanità. Rarissime sono le sue fotografie, uso questa che lo mostra nel vigore di tutta la sua maturità, direi quasi giovinezza. Ne parleremo sicuramente tutti insieme, spero, proprio in quell’aula Pasquini, a Sapienza, dove le sue lezioni di zoologia, traboccavano di studenti seduti ovunque anche sugli scalini o in piedi. Ed erano alle otto di mattina!
Le sue parole, con il suo felice argomentare di grande comunicatore, hanno dato un senso e hanno indirizzato la via a un gran numero di quei giovani che oggi fanno ricerca naturalistica e biologica in moltissime istituzioni italiane e straniere o che lavorano per la cultura della natura.
Il suo più grande pregio? Trasmettere a tutti passione per gli stupefacenti fatti dell’evoluzione della vita, ma io mi fermo qui e lascio spazio a chi vuole ricordarlo su questa pagina.
Interventi di amici e colleghi
Elenco qui di seguito, in successione, tutto quello che è stato già pubblicato sui social ma chiunque ne senta la necessità può scrivere in totale libertà sui commenti alla fine di questo post.
Omar Rota-Stabelli
i miei primi innamoramenti zoologici sul suo libro (e con le lezioni di Giulio Melone).
Daniele Cicuzza
Ero io quello in piedi, in alto nell’aula Pasquini. Ammirato sempre dalle sue stupende lezioni. Che triste notizia
Alessandra Sperduti
Un grande maestro
Guendalina Pratesi
Ciao Roberto grande uomo e grandissimo amico !
Enrico Leonardi
Grande perdita di un uomo eccezionale ed una fonte di passioni. Ciao Roberto, ci mancherai.
Rosanna Genovese Vomero
IL 22 NOVEMBRE non è morto solo Roberto ma anche una parte di me . Lo avevo conosciuto a 16 anni e quindi ho avuto la grande opportunità di poter godere per tanti anni della sua compagnia. Con lui se ne va un uomo non comune ma una persona dotata di grande cultura ma soprattutto una persona dotata di umanità e grande sensibilità, lui con uno sguardo riusciva a capire se in te c’era qualcosa che non andava e riusciva con la sua parola e con il suo sorriso a farti comprendere che lui c”era per te e che tu potevi contare su di lui. Mi mancherai moltissimo Roberto in tutti i giorni della mia vita
Damiano Joao Luchetti
Quante volte mi sono sentito trapassato da quello sguardo. Ti leggeva dentro e trovava sempre le parole giuste per aiutarti!
Carla Corazza
Davvero un grande uomo, grande intelligenza, grande cultura e grande sensibilità. E tanta garbatissima ironia ed autoironia: non mi offendevo mai quando mi prendeva in giro, ridevo tanto. Non dimenticherò mai “l’aiuola azoica”, cioè il modo in cui lui definì uno dei più “grandi” boschi rimasti dalle nostre padane parti.
Bruno Zava
Grande Maestro ed Amico!
Donatella Scotti
Amico e mito di tutta la mia vita : dalle prime lezioni nel 1971 à L’Aquila all’ultimo incontro a casa mia due anni fa intorno ad un caffè. Mi mancherai per sempre.
Isabella Pratesi
Addio ad un professore di grande simpatia ironia ed umanità. Ci mancherà tantissimo.
Daniela Freggi
come lo ha raccontato bene, ogni parola così ben adatta alla immensa personalità di un grande uomo sempre sorridente e disponibile… faccio parte di quei giovani che seduti sugli scalini si innamoravano della natura grazie alle parole di un Prof incredibile! Siamo in tanti a portarlo nel cuore e a far si che lui ci sia e sarà sempre! Da oltre 40 anni anche in Italia le tartarughe marine sono entrate nel mondo accademico: la porta venne aperta dal Prof. ROBERTO ARGANO, che insegnava Zoologia presso il Dipartimento di Biologia Animale e dell’Uomo dell’Università “La Sapienza” di Roma. In tanti dobbiamo a lui la passione, la determinazione e l’amore per queste creature così misteriose e magiche! Vola alto, Prof. Argano, continuando a cercare e trovare risposte ai misteri di questo meraviglioso mondo animale. Con infinita riconoscenza per quello che ci hai dato!
Roberto Nistri
Un grande studioso, una persona simpatica, gentile e sempre disponibile, con cui era un piacere parlare, e a cui devo veramente moltissimo. E non solo perchè è stato il relatore della mia tesi. Ciao Roberto.
Pippo Cappellano
Mi dispiace tantissimo, abbiamo più volte lavorato insieme e lo ricordo con affetto!
Serena Cecchetti
Che dispiacere!!! Ricordo benissimo le sue lezioni, la gita a Manziana, le esercitazioni…un professore, ma soprattutto un uomo eccezionale!
Paolo Cottarelli
Lo ricordo così come in foto, sorridente e scherzoso,ero un bambino e mi sembrava un gigante buono.
Carlo Jacomini
Fu il fautore di quello che oggi sembra banale, lottando contro tutto e contro tutti, sempre col sorriso sulle labbra. Tanti anni passati assieme, sulle spiagge del sud o sui fiumi a monitorare l’ambiente … sarà con noi ogni uscita, ogni esplorazione, ogni monitoraggio, a fare le pulci ai rapporti e agli articoli, con sagacia e profonda ironia! Anche io nonostante abbia perduto nell’incendio tutti i nostri lavori, gli sarò riconoscente.
Loredana Marinello
Caro maestro, ti porterò sempre nel mio cuore
Bruno Cignini
Ciao Roberto, per me sei stato prima un maestro e poi un amico … a questa inattesa e tristissima notizia oggi mi si stringe veramente forte il cuore …
Rosanna Casciani
Ciao Roberto grata di averti conosciuto. Dai tuoi occhi e dal tuo sorriso trasparivano profonda umanità ironia e immensa intelligenza anche interiore. Oggi con grande tristezza ricordo momenti piacevoli trascorsi insieme ai nostri comuni amici Vincenzo e Rosanna. Voglio ricordarti nel tuo Dipartimento dove tanti giovani si formarono e fecero ingresso nel fantastico mondo scientifico. Ti porterò sempre nel cuore.
Stefania Biscardi
Un uomo immenso. Un affetto importante. “VITA” questo è stato Roberto per me e per molti altri. Grazie Professore splendido.
Teresa Di Micco de Santo
Roberto, una grande umanità, intellettuale e affettiva. Mi manca e mancherà per sempre, anche perché c’era ancora tanto da scambiarci. Tutto quello che ho imparato da lui resta nel cuore e lo conservo gelosamente. A Michela il mio pensiero più affettuoso.
Enrico Calvario
Caro Roberto, devo solo dirti grazie perché grazie a te, alla tua capacità di far innamorare della natura, dei meccanismi dell’evoluzione, mi hai offerto una diversa prospettiva di vita. Ti sono infinitamente grato. Sei una delle persone più importanti nel determinare il mio percorso di vita.
Elisabetta Visalberghi
Anche chi non lo ha avuto come professore, come me, lo adorava. Un grande uomo.
Romolo Fochetti
Maestro, mentore, guida, amico
Scilla Sonnino
È un grande onore e piacere averlo conosciuto, aver assistito a sue lezioni anche se non era il mio prof, aver lavorato al suo progetto sulle tartarughe marine, per un po’… Luigi Boitani diceva che Roberto era l’unico ad aver detto subito di sì alla proposta, di Luigi, di mettere le pagelle I docenti fatte dagli studenti. “E ci credo”, aggiungeva, “gli studenti lo adorano!”. Grazie, prof
Paolo Cottarelli
Lo ricordo così come in foto, sorridente e scherzoso,ero un bambino e mi sembrava un gigante buono.
Patrizia Marchetti
Il mio adorato Prof di Zoologia…coltissimo, brillante, spiritoso, affabile…le sue lezioni erano un’immersione totale nel piacere della conoscenza…passava con grande disinvoltura e nonchalance dal salmone norvegese a Victor Hugo o alle bianche scogliere di Dover…sorprendendoci sempre. Indimenticabile.
Giuseppina Scano
Quando faceva lezione c’era un silenzio assoluto, tutti affascinati. Un maestro di scienza e di vita
Arianna Fulvo
Un pezzo di storia della zoologia se ne va…tanto di quello che sono nell’ anima e nella vita lo devo a lui. Non un professore..ma IL PROFESSORE!!.. Buon viaggio Argano
Caro professore, avevo 14 anni era il 1984 quando per caso ti vidi per la prima volta in televisione che parlavi di tartarughe..e ascoltandoti lì decisi che da grande avrei fatto la biologa… Quando mi sono iscritta all università emozionatissima ti sono venuta a cercare.. ma tu mi hai detto che era troppo presto.. quando finalmente arrivò il momento giusto tu insegnavi nell’altro canale!! ..ma non ho mollato ..facendomi coraggio sono venuta a chiederti di poter cambiare canale per “problemi famigliari” ….. e così.. cominciò tutto… Così devo a te gli anni più belli della mia vita… gli anni della scoperta della scienza..cercando le risposte a tutti quei perché che fin da piccola assillavano la mia testa .. gli anni della scoperta di me stessa.. cercando di capire chi avrei voluto essere e soprattutto dove potevo andare. Le lezioni alle 8 di mattina… seduti ovunque per ascoltare le lezioni più belle del mondo. Le infinite sbobinature successive . I laboratori a cielo aperto…in mezzo al fango nelle pozze..negli stagni… al mare.. ovunque ci fosse vita… Quanti ricordi ..quante emozioni..quante cose apprese..ti ascoltavo estasiata cercando di rimanere a galla in quel fiume di cultura che sgorgava dalla tua bocca .. mangiando pecorino e pere su monte a Tivoli cercando ragni. Giornate interminabili a lavorare nella tua stanza sotto al microscopio…cercando di DETERMINARE un mondo sconosciuto che mi emozionava…con l odore di alcol che mi stordiva. Mi hai messo gli occhiali della cultura. Spero che mia figlia possa incontrare nel suo cammino un professore come te. Ho sempre pensato che fossi immortale. Oggi ho capito che lo sei davvero. Buon viaggio professore…
Papik Genovesi
Ho saputo ora che se ne è andato oggi Roberto Argano, amico, straordinario zoologo, mitico professore di zoologia all’Università La Sapienza di Roma. Qui in prima fila, in una foto del 1989, fatta da Marco Oliverio sul terrazzo dell’Istituto di zoologia, su viale Università. Un abbraccio Roberto.
Stefania Biscardi
Ciao prof. Grazie per la passione, la vita e per il tuo immenso carisma, frutto di fascino, intelligenza, cultura e generosità, che hai condiviso con tuttə noi. Io poi ti ringrazio per la “sorella” che ho la fortuna di amare (Teresa Di Miccode Santo) per Michela, Enrico Calvario, Massimiliano Di Giovanni, Maurizio, Alessio e tantə altrə ma soprattutto per l’onore che mi hai concesso di essere tra le persone “vicine”…forse mi illudo ma questo privilegio me lo tengo stretto! E soprattutto grazie per l’àncora che ti ho chiesto e che mi hai offerto…sei parte indissolubile della mia vita. Grazie Roberto Argano!
Marco Musiani
Tanti anni fa, Roberto era il mio Prof. di “Zoologia” (sì, sì: il primo corso di zoologia, quello che in teoria dovrebbe comprendere tutti gli animali). Mi interrogò prima Oliverio, come da prassi; poi conferì con Roberto, il quale si avvicinò al mio banco per completare l’interrogazione. Era d’umore eccellente, scherzoso nella prossemica (body language, diremmo ora) e nel tono della voce. Roberto mi chiese una cosa che onestamente non ricordo. Poi, immagino contento della mia risposta precedente, mi chiese di identificare un animale dal suo scheletro (un echinoderma echinoideo irregolare, come da mia lezione di Venerdì scorso). Ebbi il panico: quella parte non la avevo proprio studiata. E allora lui disse: “beh, cerchiamo di arrivarci con la logica: è un animale veloce o lento?”. Ed io stupidamente risposi: “veloce”. E lui: “beh, sì, immagino che si possa muovere anche velocemente”, e mimò come forse un tale animale potrebbe, ipoteticamente, muoversi anche celermente (una deambulazione al limite del paradossale). Gli zoologi che leggono questo messaggio staranno sorridendo a modo loro, conoscendo questi animali e le peripezie di Roberto per tirare fuori da uno studente, come dagli altri, una conversazione intelligente, nonostante le illogicità caratteristiche degli studenti molto giovani. Gli altri forse da questa storia ne evinceranno in lui umorismo, gioco, creatività, flessibilità mentale, intelligenza profonda e conoscenza vera.
Messaggio di Marco Oliverio ai Soci dell’Unione Zoologica Italiana
Cari Soci, mercoledì scorso, 22 novembre, se n’è andato, un po’ all’improvviso, Roberto Argano, Zoologo, a lungo socio attivo del nostro sodalizio. Biologo e naturalista di primissimo ordine, specialista di crostacei isopodi, era conoscitore profondo della Zoologia tutta, potendosi permettere di disquisire con i rispettivi specialisti, di solenociti degli anellidi o dell’origine mesodermica dei muscoli delle idromeduse, dell’apparato boccale degli embiotteri o dell’ecologia comportamentale degli scorpioni, della posizione filogenetica dei remipedia o della biogeografia dei pletodontidi. I suoi racconti dell’epopea delle campagne di raccolta in giro per il mondo, hanno affascinato i suoi allievi: quella verve esplorativa e avventurosa (le grotte in Messico, le isolette sperdute delle filippine, Socotra….) era solo apparentemente di stampo ottocentesco, mentre era in realtà rivolta al futuro con la raccolta di campioni che sarebbero poi stati usati in genetica di popolazioni e filogenetica molecolare, per rispondere a domande di biologia evoluzionistica modernissime. Ma il lascito che Roberto lascia più chiaro è certamente rappresentato dal segno indelebile che ha sempre inciso, profondo, in chiunque ascoltasse anche solo una delle sue lezioni di Zoologia. Generazioni di studenti di biologia che hanno assistito ai suoi corsi hanno subito travolgente il fascino di un talento innato per la didattica e la comunicazione, coltivato costantemente, e nutrito da un’avidità continua per il sapere, la conoscenza, la cultura tutta. Ha sentito la responsabilità individuale e sociale del ruolo di ‘Professore’, in maniera profonda, e non solo in università: è sempre stato attore importante di corsi di formazione per insegnanti delle scuole primaria e secondaria. Questo senso di responsabilità, per il privilegio di un ‘mestiere’, quello dello zoologo, che lui chiamava la sua meravigliosa avventura di vita, appartenga a tutti quelli che restano, soprattutto ai più giovani.
Alessandro Falchetti
Ciao Michela, non sai quanto mi dispiace di aver perso un così importante amico, famigliare e attore di tanti momenti indimenticabili della mia infanzia. Sapessi con quanta impazienza aspettavo il vostro arrivo sulla Peugeot 205 bianca con la viennetta a colpo sicuro quando eravate a cena da noi, e quanto ancora penso ai momenti per me magici a Tarano a cercare i fossili o ad alzare le pietre per gli scorpioni (almeno così me li ricordo) e a fare il fuoco o a travasare il vino in quella casa di campagna che resta nei miei ricordi come un luogo di infinita felicità e curiosità. Più grande mi ricordo del fascino per quest’amico che conosceva tutte le bestiole immaginabili ovunque, che piacere di approfittare ogni tanto di quel sapere infinito. Da quanto mi ha potuto raccontare mamma mi sembra di aver capito che in seguito ad una caduta ha avuto un ematoma sottodurale. Se è così non capisco proprio perché è stato dimesso senza essere operato. Avrei avuto tanto piacere a rivedervi presto insieme alla mia famiglia. Ci vedremo noi e ci ricorderemo insieme di tanti altri momenti che un semplice messaggio sul telefono non basta ad evocare. Se possiamo sentirci nei prossimi giorni sarei molto contento nonostante sia un momento di profondo dispiacere per tutti. La famiglia ti abbraccia forte e pensiamo tanto a Roberto .
Augusto Scirocchi
Con dolore e tristezza leggo solo ora di Roberto, il mio amico dai tempi del liceo che non c’è più. E’ una parte della mia vita che se ne va. Una lunga amicizia di grandi intese di condivisioni e di affetto reciproco anche nei momenti difficili. Si pensa che ci sia ancora tempo e poi ci si trova con la clessidra vuota a dire mi dispiace mi dispiace tanto.
Valerio Sbordoni, messaggio ai soci del Circolo speleologico Romano
Maurizio Mei ……. lo stato di noi che restiamo
Un’intervista del 2010 di Emiliano Bruner a Roberto (ripubblicata qui con il permesso di Emiliano)
Le specializzazioni settoriali e la frammentazione amministrativa rendono a volte sfumato il concetto di “Zoologia”. Certamente il panorama è molto cambiato negli ultimi trenta anni, e come sempre la direzione dei cambiamento storici è abbastanza difficile da percepire a corto raggio. Roberto Argano ha vissuto in prima persona la transizione da una zoologia generale a una zoologia particolare, come docente e come ricercatore, e ha quindi una percezione di questa trasformazione più completa e tangibile di chi questo treno l’ha preso già in corsa. Lasciamo a questa sua intervista il compito di rappresentare una sorta di prefazione al contesto della zoologia italiana, un punto di partenza e di sintesi, su cui magari iniziare a ragionare.
Cosa vuol dire oggi “zoologia”, in termini culturali e in termini amministrativi?
Anticipiamo il fatto che io vengo da molto lontano, tanto che sto uscendo gradatamente e serenamente (stante l’inappetibile polpettone dell’Università che viviamo) dal mondo accademico per raggiunti limiti d’età, per esprimermi con il legislatore. Vengo, immagino come tutti i biologi miei coetanei, da un corso di laurea in Biologia in cui mancava un corso di genetica, di ecologia, di biologia molecolare. L’essenza di queste discipline (biologia molecolare era assolutamente agli albori, un breve capitolo della biochimica) per me studente erano comprese in un pastrocchione di corso che si chiamava Biologia Generale. Vengo da un Corso di Laurea in Biologia in cui la disciplina “Zoologia” come anche, per bieca simmetria, “Botanica”, era trattata in un corso che durava due interi anni accademici con un unico esame finale, una vera bastonata. Va precisato che non ci si aspettava una progressiva maturazione culturale dello studente: il corso era unico, quindi in aula c’erano studenti che avevano preso contatto con la zoologia all’inizio, l’anno precedente, con le inevitabili citazioni sull’importanza della materia e l’introduzione ai protozoi, e, insieme, studenti neoiscritti che iniziavano quando il programma delle lezioni era già vecchio di un anno, già trattava, per dare un’idea, dei molluschi. Per essere più chiari non ci si aspettava che gli studenti che avevano sulle spalle un anno di corso disponessero di un vocabolario, di concetti, di una visione d’insieme, diversi da quelli delle matricole. Era sostanzialmente un insegnamento senza qualità, solo quantitativo. Questa mancanza di percezione della zoologia come momento di maturazione culturale, come tassello rilevante dell’interpretazione complessiva del mondo, ha contribuito a ghettizzare la disciplina, non solo nella visione generica del solito “uomo della strada”, ma all’interno delle stesso universo dei biologi e, per assurdo, all’interno, a volte, dello stesso gruppo di docenti universitari che tenevano corsi di zoologia. La zoologia non era che la classificazione degli animali, un noioso e insulso esercizio.
All’epoca di questo mio inizio di formazione mi trovavo nella inevitabile, per motivi anagrafici, fase rivoluzionaria della mia ontogenesi. Quello che ho descritto è stato il punto di partenza da cui ho cercato di allontanarmi il più possibile in tutti questi anni. Tanto per dire, già alla fine della seconda lezione, ancora oggi, dopo le opportune spiegazioni, ho l’abitudine di dire una frase del tipo “queste forme bentoniche sessili di ambiente astatico hanno, nel loro ciclo, una inevitabile fase criptobiotica”, per dare subito un’idea, con la classica presunzione gratuita del docente, che uno zoologo ha una sua lingua esclusiva e che per superare un esame di zoologia non serve avere una memoria di ferro, ma aver acquisito un linguaggio particolare, lo zoologichese, e disporre di concetti propri di una specifica cultura biologica. Basta un aggettivo sbagliato per guidarmi verso i punti di ignoranza dell’esaminando. Alla fine del corso ipotizzo, ma resta pura fantasia, che il giovane, oltre ad aver rinnovato gran parte delle sue cellule somatiche, possa guardare il mondo vivente, e le sue stesse personali prospettive culturali, in modo del tutto diverso.
Che vuol dire oggi zoologia? Rimanendo all’aspetto formativo, dirò una banalità: la zoologia, come tutte le discipline di qualsiasi settore del mondo della cultura, è una disciplina di sintesi, assorbe, si gonfia, cresce e si modifica grazie a tutto quello che succede continuamente di nuovo, senza mai un momento di tregua. Freud, Marx, Darwin, Monet, Mendeleev, Tolstoj diedero a tutta la cultura della seconda metà dell’800, e quindi alla zoologia, un gran pugno modificandone i connotati. Modificando i connotati della visione del mondo. Limitatamente, però, ad una élite intellettuale in grado, soprattutto per nascita, di vivere il proprio secolo. In quest’ottica, la zoologia che ho conosciuto agli inizi rientrava ancora in un contesto di università elitaria, la famosa torre d’avorio al di sopra dei giudizi. Ma, proprio in quegli anni, l’università cominciava a prendere parte all’universale esigenza di riscatto, a diventare pensata per la gente, si diceva “di massa”. Il che probabilmente mi ha permesso di avere un mio spazio. C’era l’esigenza, in tutti, non solo in un settore della società, di allontanarsi dall’evento più drammatico della storia dell’uomo, la seconda Grande Guerra, di riscoprirsi al centro di un mondo nuovo. E’ stato un periodo molto bello, ricchissimo di grandi porte che si spalancavano su luminose prospettive.
In questi giorni c’è una pubblicità, tutto intorno alla città universitaria, di una Università Informatica, lodata dal premier, che ha come motto “sapere per vincere”. Cultura? Il nuovo millennio sembra l’inizio di un “medioevo prossimo venturo”, per citare uno scrittore di fantascienza. Nel periodo che ho vissuto si diceva sapere per vivere, tutti ne hanno diritto. Sapere per vincere è invece la ricerca di una strategia contro, contro tutto. Non mi pare una gran prospettiva questa nuova visione del mondo che poggia sulla competizione come fine a se stessa, sulla paura di non farcela, sull’uso spesso acritico di una eccessiva tecnologia, su una dinamicità che poco ha a che fare con il nostro essere organismi, e quindi legati a tempi biologici.
Quando e come è cominciato un cambiamento specialistico decisivo nel panorama zoologico?
Avendo avuto la fortuna di vivere proprio nel periodo in cui si spalancavano le grandi porte sulle luminose prospettive di cui sopra, ho avuto modo di partecipare il tempo di mezzo. Ho vissuto l’esperienza ottocentesca della scoperta sul campo, frugando nelle viscere della terra o nell’intrico delle foreste, nell’accecante vastità dei deserti o nella cieca oscurità dei fondali marini, disponendo però di strumenti che, benché ancora nuovissimi, davano risposte sempre più rassicuranti sul perché del dove, del quando, del come. La tettonica a zolle chiariva il dove degli animali, si immaginavano, senza sforzo di fantasia perchè si poggiava su dati solidi, le grandi zattere continentali che vagavano con i loro equipaggi biologici o si frammentavano, creando nuovi itinerari per il fluire della storia della vita. La messa a punto di tecniche biochimiche sempre più abbordabili anche per un non biochimico, cominciavano a tracciare nuovi e più precisi limiti del concetto di specie, dei rapporti filogenetici, dei tempi di accumulo della variabilità genetica. Eppoi, inesorabile, il computer, con algoritmi sempre più potenti, in grado di tentare l’impossibile, di svelare tutte le potenziali correlazioni che esistono tra i numeri, di trasformare in numeri confrontabili quelle che in passato erano convinzioni basate su impressioni. Tutte queste cose insieme sono entrate nel modo di intendere di uno zoologo come in quelo di gran parte dei biologi.
Cosa si è perso di importante nel passaggio, e quali sono stati invece i vantaggi?
Non so se il piacere di capire si sia perso nel passaggio o sia frutto di un più generale atteggiamento della nostra epoca più recente, ma è quello che secondo me, almeno in parte, si è perso. Mi pare ci sia molta più gente che “pubblica bene”, indipendentemente dal fatto che consideri quello che ha scritto di un qualche interesse per sé (a parte i suoi problemi di carriera) e per gli altri. Tolti questi casi, che ho l’impressione siano diventati più numerosi che in passato, non si è perso niente, il rischio c’è, ma non siamo ancora sull’orlo del baratro.
La zoologia, come cita un aggiornamento dell’Enciclopedia Treccani (autocitazione), studia la dinamica della diversità animale. Diversità che va conosciuta, è alla base del sapere. Non c’è disciplina, dalla storia dell’arte al gossip, che non faccia capo ad una serie di informazioni di base (organizzate in capitoli di libro, rubriche di giornale, settori programmatici, in una qualsiasi struttura classificatoria) su cui poggia il logos, la discussione, lo studio. La zoologia ha la diversità. Il livello di conoscenza della diversità dovrebbe andare da un’idea sui piani organizzativi dei principali modelli animali di cui dovrebbe disporre il cosiddetto uomo della strada (dall’artigiano all’intellettuale), alla spettacolare monografia dei Tachinidi italiani (una famiglia di Insetti Ditteri) che Pierfilippo Cerretti, entomologo di lusso, ha prodotto in questi giorni. Quello che dovrebbe accomunare questi due limiti estremi di conoscenza della diversità, la conoscenza elementare e l’alto grado di specializzazione, è il concetto di dinamica, dinamica della diversità, il logos della disciplina che la qualifica culturalmente. Dinamica adattativa quotidiana, negli infiniti contesti ambientali in cui si realizza, e dinamica nel tempo, evoluzione. In un passato non lontano l’Italia si trovava ad un ottimo livello internazionale come numero e qualità di specialisti in sistematica. Strutture importanti, come, ad esempio, la Stazione Zoologica di Napoli per la zoologia del mare, quella di Pallanza per le acque dolci, le varie sedi del Consiglio Nazionale delle Ricerche, dell’Enea, delle Università, erano la culla del logos dove, sia a livello squisitamente teorico sperimentale, sia a livello strettamente applicativo, questo alieno mentale, il sapere, viveva e si alimentava di idee e di fatti. Poi c’è stato una specie di silenzioso bombardamento, tutto ciò si è perso, la tecnologia commerciale è diventata l’unica stella su cui fa rotta l’intelligenza umana, il sotterraneo “ma a che serve” dei poveri di spirito di una volta è diventato un’impellente esigenza di risposta di una società annoiata e spaventata. Si è perso il piacere di capire. Ma ancora si lavora e si può fare molto, la tecnologia aiuta moltissimo, le nuove idee da cui è cominciato il cambiamento, di cui si parlava prima, sono diventate quotidiano, personalmente faccio fatica a partecipare la potenzialità della biologia, e quindi della zoologia, contemporanea. C’è ancora gente meravigliosa, qualcuno abbacinato dal miracolo del volo di una mosca e in grado di farne scienza. Ma c’è molta più gente che non si è avvicinata, o che si è allontanata, che scivola via dalle cose del sapere, il che restringe fortemente il vivaio da cui far sviluppare gli Uomini di domani. E’ una moltitudine silenziosa, perché non c’è più, un’assenza che pesa, pesa molto e la macchina della civiltà stenta a proseguire.
La frammentazione che stanno vivendo i dipartimenti delle università italiane è spesso basata più su principi logistici e economici che non su affinità culturali. Questo puó ostacolare lo sviluppo della cultura accademica o è solo un cambiamento organizzativo che non necessariamente influirà sulla qualità della docenza e della ricerca, specificatamente in zoologia?
Viviamo da anni nell’incertezza di una crisi perenne. Negli ultimi venti anni c’è stato uno stillicidio continuo di cambiamenti strutturali e amministrativi dell’università che non riescono a dare nessuna certezza prospettica. I vecchi Istituti in cui siamo nati si sono fusi in Dipartimenti, non sempre in maniera sensata, e ora, col dimezzarsi delle forze in campo, del numero dei docenti (e delle competenze), si sono ulteriormete fusi in strutture più grandi ma, nel complesso, mostruosamente più povere che in passato. Oggi abbiamo un corso di laurea in Biologia che dura cinque anni invece di quattro. I primi tre vengono pensati, dai docenti e, soprattutto, dagli studenti, in modo sempre meno qualificato. Gli studenti potranno ripulire i loro voti bassi presi nel triennio, che dovrebbe essere quello formativo, con una laurea breve, dalla quale escono in genere con medie basse che non avranno nessun peso nel curriculum successivo, quello che conterà nel loro curriculum. Poi, molto più pomposamente, avranno almeno un centodieci garantito nella Laurea Magistrale in due anni di cosiddetta specializzazione. La zoologia viene insegnata non più in due anni di corso ma, nel migliore dei casi, in tre mesi, per far spazio, giustamente (ma l’anno in più a che serve?), alle altre discipline che nel mio lontano passano vagivano all’interno in un corso di “Biologia Generale”, come ho detto prima. Prendere diciotto in zoologia oggi non è più un problema, non “fa media” che per l’inutile diplomino triennale che sarà presto dimenticato. Il docente ha un pubblico demotivato sia da questi artifizi amministrativi che da un generale e generico disinteresse per il sapere. E allora si, decade la qualità dell’insegnamento, quel poco che il docente ricorda dei suoi studi degli anni precedenti comincia diventare più che sufficiente per portare avanti un corso del triennio. Sono del partito (unico iscritto) di tornare ai quattro anni con una solida tesi finale, il che darebbe il vantaggio, forse, di tornare agli allori di una discreta università del passato e, comunque, per lo studente, di uscire finalmente dal lungo tunnel della scuola con un anno di anticipo. Le specializzazioni professionali possono venire dopo, decisamente orientate sulle prospettive reali di lavoro, se ce ne saranno.
Quali sono ora in Italia i temi più studiati in zoologia, e quali invece quelli che promettono per il futuro?
Trovo particolarmente promettente questa ipotesi del bar code, la possibilità di poter realizzare una immensa scansione della diversità animale del pianeta utilizzando un unico metro di confronto, un’unica frazione di DNA, la stessa per “tutte le specie conosciute”. La tecnologia sempre più “kittizzata” e abbordabile economicamente consentirebbe al tassonomo di un non lontano futuro la diagnosi sicura dell’esemplare che sta studiando, indipendentemente dalle sue caratteristiche morfologiche o dal phylum di appartenenza. Genere e specie. Potremmo disegnare un nuovo Systema Naturae, un albero darwiniano tenuto assieme da rapporti filogenetici che tengono bene, avremmo un’idea meno nebulosa della consistenza della biodiversità, saremmo in grado di realizzare programmi di gestione ai limiti del buon senso, conoscere i flussi di energia all’interno delle biocenosi, fornire agli operatori che si occupano di monitoraggio biologico uno strumento di analisi che richiede scarsa competenza promettendo dati certi. E non parliamo dei vantaggi per le applicazioni (parassitologiche, veterinarie, agrarie…). L’interesse non sta, ovviamente, nell’approccio biochimico di moda: la tecnologia biomolecolare che serve è di ben modesto livello, estremamente ripetitiva. L’interesse sta nella potenziale resurrezione della zoologia classica, quella “antica” che descrive le specie e contemporaneamente “moderna” che ne stabilisce i rapporti filogenetici. Per avere la garanzia che un determinato singolo codice sia relativo a quella e non ad altra specie c’è bisogno di uno specialista che conosca perfettamente il taxon di cui si sta parlando, che sia in grado di disporre dei tipi, o neotipi, o topotipi, come punto di riferimento di assoluta garanzia per quella determinata, singola specie. Potremmo dare un senso, purtroppo più drammatico perché meno giornalistico e quindi reale, al numero di specie che si estinguono progressivamente con il dilagare dell’antropite, la grande patologia planetaria. Oggi? Oggi si fa di tutto, molti ricercatori bravi, moltissimi che se ne vanno, pochi che entrano. Qualsiasi tematica mi venga in mente ha un nome e cognome, raramente un gruppo, una scuola. Significa che le persone che si occupano dello studio del regno animale sono sempre più poche.
Storico è rimasto questo intervento di Roberto per invogliare gli studenti ad iscriversi al corso di Biologia. (Dal sito web di Sapienza, Università di Roma)
Perchè Iscriversi a Biologia?
Beh, c’è scritto anche su Wikipedia: la Biologia è la scienza che studia tutto ciò che riguarda la vita: a partire dagli organismi più immediatamente visibili, piante, animali, funghi fino a scendere giù giù agli onnipresenti e onnipotenti batteri e archea e virus e poi a risalire su su da questi ultimi pulviscoli genetici alle interazioni infinite tra tutte le creature, interazioni attuali (le mille sfaccettature delle ecologie) o storiche (evoluzione).
Passare cinque anni all’Università (compreso un biennio di specializzazione) a studiare Biologia significa metter fuori la testa dalla quotidiana fanghiglia dei luoghi comuni. Significa acquisire concetti e linguaggi relativi ad un vero universo di fatti e di idee portati alla luce della nostra comprensione da migliaia di persone che hanno trascorso l’esistenza nei laboratori o comunque lavorando con gli organismi. Come può non interessarti?
Per fare che, poi? Si può fare di tutto, dipende dalla qualità di competenza acquisita nel settore prescelto: puoi finire in un laboratorio a esplorare molecole o cellule, progettare farmaci, garantire la qualità degli alimenti, inserirti nell’esercito che si batte per la salvaguardia del pianeta con qualche strumento in più di una gratuita passione, esplorare il mondo per determinare lo stato della biodiversità da cui dipendiamo, trasmettere le conoscenze acquisite sull’armonia e bellezza della vita attraverso la scuola e i musei, infiniti sono i campi in cui si può operare. Certo, lavoro oggi ce n’è poco, non quanto sarebbe bello e necessario, ma nessuno sa come sarà fra cinque anni. Tu sai che l’unica speranza di avere una vita felice, in cui siano soddisfattele tue individuali esigenze intellettuali e professionali, è provarci con tutta l’anima: se esiste qualcuno che fa quello che tu vorresti fare perché tu no?. E, almeno per cinque anni, dedicati al piacere di vivere, nei limiti del possibile, come vorresti. Tieni comunque serenamente presente che iscriversi all’Università è facoltativo. Se non rientra nei tuoi interessi condurre una vita arricchita da un po’ di sale di conoscenza (fatti non foste…) non ti iscrivere, senza laurea si vive benissimo. E perchè alla Sapienza? Un docente universitario, e la metafora può applicarsi a tante altre realtà, è come un albero, deve avere forti radici di conoscenza ottenuta non solo rimasticando il sapere di altri ma avendo voce in prima persona nelle discipline in cui lavora. A testimoniarlo ci sono i risultati ottenuti, pubblicati su riviste specializzate, e, con gli inevitabili limiti, il fatto di essere passato attraverso vari filtri concorsuali. Il tronco è dato dal partecipare alla quotidiana gestione della collettività universitaria di cui fa parte, e non è lavoro da poco. La chioma, quella più appariscente, con le occasionali fioriture di idee, è costituita dai corsi che tiene, le esercitazioni che organizza, le tesi di laurea che segue. La Sapienza, tenendo conto di questa metafora, è una bella e ricca foresta di sapere.
Roberto Argano, Professore di Zoologia
Giovanissimo, con Augusto Vigna Taglianti al Col de Bretolet
Corso di Tassonomia del Museo di Storia Naturale di Ferrara
Dopo l’esplorazione di una grotta in Chiapas (Messico)
Un momento di riposo al sole di San Cristobal Las Casas (Messico, Chiapas)
con tutti i suoi colleghi in quell’Aula Pasquini che popolò con migliaia di studenti
Alla festa dei 90 anni di Eri Manelli
Roberto in cravatta ….. mai visto
…. lo riconoscete al centro della foto?
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