Una “road map” per i musei naturalistici italiani con il supporto del National Biodiversity Future Center

Simposio. Tassonomia, Filogenesi e Biodiversità. L’importanza e il ruolo dei musei zoologici.

Nella confusione attuale che riguarda quello che avviene attorno alla museologia naturalistica italiana ho voluto portare al Congresso UZI di Palermo di metà Settembre 2023 un mio contributo di sintesi, frutto di tante idee e azioni maturate da decenni in Italia e riprese in questi ultimi due anni proprio nell’ambito del nuovo Centro Nazionale Biodiversità (National Biodiversity Future Center) in particolare nelle azioni dello Spoke 7 e dello Spoke 3, Il titolo mi sembra molto esplicito e soprattutto propositivo. UNA ROAD MAP PER I MUSEI NATURALISTICI ITALIANI CON IL SUPPORTO DEL NATIONAL BIODIVERSITY FUTURE CENTER. Mi fa piacere condividere con chi è interessato la mia comunicazione in chiusura del Simposio.

Il Museo di Zoologia Doderlein di Palermo dopo la recente riapertura.

Conviene iniziare questo post facendo notare che in tutte le azioni dello Spoke 7 del Centro Nazionale Biodiversità continua ad apparire evidente un forte interesse verso i musei naturalistici, le collezioni e la tassonomia. E’ quindi auspicabile che si trovi il modo di definire e mettere a bando pubblico un’azione di studio, di ricerca e di progetto finalizzata proprio alla fattibilità e alla ricerca di contenuti operativi per una istituzione “nazionale” (è opportuno a mio parere che compaia l’aggettivo nazionale!) proprio così come definita nel progetto iniziale dello Spoke. Non servono grandi somme, non è certo questo il problema; bastano pochi spiccioli, ma è importante mantenere saldamente incastonata nelle azioni dello Spoke 7 e nelle sue attività l’ipotesi di una istituzione che, tenendo conto della peculiarità italiana, lavori ad alto livello di integrazione per (e con) i tanti musei distribuiti sul territorio italiano. Sono convinto che se ne ricaverebbe un plauso da tutti gli altri spoke. Questa azione farebbe finalmente giustizia di quella percentuale di “old fashioned” museologi (in parte presente anche nell’ANMS) che hanno lavorato e continuano a negare la necessità di una struttura “nazionale”, e lascerebbe alla nazione (Governo, CNR, Istituti di ricerca e Università) uno stimolo concreto e motivato alla sua realizzazione. Con questi presupposti ho lavorato alla mia comunicazione presentata al Congresso UZI di Palermo.


ANMS, Associazione Nazionale Musei Scientifici ha sottoscritto con l’Unione Zoologica Italiana un importante protocollo d’intesa per condurre azioni congiunte nel campo della ricerca, della conservazione e della comunicazione tipiche della museologia naturalistica (ottimo sarebbe replicare a breve un simile MOU anche con la Società Botanica Italiana e non solo). Ritengo che proprio in questo contesto fu affidato a Fausto Barbagli (Museo di Storia Naturale di Firenze) e Alberto Ugolini (Università di Firenze) di coordinare un simposio “museologico” nel pomeriggio della terza giornata del Congresso di Palermo. Ad Anna Miglietta è stata affidata la bella conferenza di apertura . Marco Benvenuti ha parlato dei risultati ottenuti e dei problemi del museo di Firenze, Elena Canadelli e Luca Tonetti hanno presentato una sintesi delle azioni condotte dallo Spoke 7 per i musei naturalistici. Sono seguite poi una comunicazione storica sul Museo Doderlein di Enrico Bellia, una bella survey sui cetacei nelle collezioni italiane (undici autori rappresentati da Martina Pasino) e un’altra sulla prima biobanca di tessuti di vertebrati italiani (otto autori rappresentati da Irene Pellegrino), utimo relatore Vincenzo Vomero con l’ipotesi di una “road map” per i musei italiani. Due ore di comunicazioni ad un pubblico in prevalenza di non museologi che in un simposio specifico forse poteva essere strutturato in modo più organico e più funzionale.

Il programma del simposio UZI di Palermo sui musei naturalistici

Riporto qui di seguito il testo integrale della mia comunicazione. Ho ribadito un sogno, null’altro che un sogno però innescabile con veramente poco .


La magnifica “Sala Magna”di Palazzo Steri per l’apertura del congresso

Qui di seguito il mio contributo intercalato con alcune immagini del congresso

Zoologia, Tassonomia e Biodiversità. Una “road map” per i musei naturalistici italiani con il supporto del National Biodiversity Future Center

Vincenzo Vomero, Già direttore dei Musei Scientifici di Sovraintendenza di Roma Capitale c/o Museo Civico di Zoologia di Roma

Future! Si è proprio “future” la parola chiave di questo mio rapido excursus sui significati della zoologia, della tassonomia e della biodiversità nel futuro dei nostri importanti musei di Storia Naturale, grandi o piccoli che siano. Stiamo vivendo un momento epocale di trasformazione di interessi nel campo della natura e finalmente qualcosa si è mosso organicamente in Italia con un preciso riferimento alla biodiversità e al funzionamento degli ecosistemi che, giova ricordarlo, vanno posti sempre ed assolutamente a monte di qualsiasi intervento nei campi dell’economia, del lavoro, delle infrastrutture, della salute, della coesione sociale e di quant’altro necessario per una ripresa della nostra società. Stiamo investendo in ricerca. Lo abbiamo sentito proprio in apertura di questo congresso dalla bella sintesi di Francesco Frati.

La conferenza inaugurale di Francesco Frati sul Centro Nazionale Biodiversità

Il Recovery plan italiano , con il documento istitutivo del Centro Nazionale Biodiversità, che ormai inizia ad essere operativo, dedica per la prima volta risorse sostanziali e grande attenzione direttamente alla  conoscenza delle componenti zoologiche e botaniche degli ecosistemi e alla ricerca sulla biodiversità intesa non solo come capitale naturale. Siamo finalmente riusciti a dimostrare che la cultura della natura, dal livello alfa della tassonomia fino alla dinamica delle popolazioni e alla metagenomica, è propedeutica ad ogni forma di sviluppo a lungo termine e deve essere considerata a monte di ogni piano che porti anche al capitale economico.

In questa nuova era chiamata Antropocene è proprio il deficit di cultura zoologica e naturalistica di base che impedisce a tutti noi e ai nostri governanti, di rendersi conto di come si sia giunti al drammatico livello attuale di crisi ambientale. Facciamo fatica a capire come l’uomo sia diventato la nuova forza selettiva sulla Terra che condiziona con le sue azioni questa nuova era che, non a caso, è stata chiamata “Antropocene”. Ed è proprio qui che i musei naturalistici devono intervenire con nuovo vigore e mostrare tutte le loro capacità e potenzialità.

Caso volle che proprio a ridosso della pubblicazione del primo documento ministeriale sui nuovi cinque Centri Nazionali , l’Accademia delle Scienze, detta dei XL, organizzasse grazie alla profonda convinzione del presidente Mottana, e alla caparbia volontà di Valerio Sbordoni, il convegno “Natura e Biodiversità nell’Antropocene” dove, alla fine delle nostre comunicazioni prese inizio una discussione nella quale intervennero alcuni colleghi che sarebbero poi diventati attori fondamentali del CNB.

Fu proprio in seguito a quella storica discussione che ci si rese conto che nel documento ministeriale sul Centro Nazionale Biodiversità, appena pubblicato, mancasse totalmente ogni riferimento esplicito verso un forte coinvolgimento dei musei naturalistici e delle problematiche a loro connesse. Alcuni di noi (Roberto Danovaro, Nando Boero, Alberto Zilli e me stesso, tutti di area zoologica, si noti bene) decisero quindi di agire immediatamente e scrissero in pochissimi giorni un breve documento, che per scelta convinta e condivisa, all’epoca fu voluto totalmente anonimo per evitare che si pensasse che si volesse mettere in qualche modo il cappello su quanto si andava proponendo. 

L’aula del congresso a Via Archirafi nella seconda giornata

Le poche pagine fatte circolare in ambienti ministeriali, nel CNR e in alcune Università, contenevano spunti e suggerimenti sulla assoluta necessità di inserire nelle azioni del nascente Centro Nazionale Biodiversità l’intera problematica legata ai musei naturalistici con tutti gli specifici riferimenti alla salvaguardia del patrimonio di collezioni zoologiche, botaniche e naturalistiche in generale  conservate nei nostri mille musei sparsi sul territorio, e dall’altro, alla ricerca tassonomica, alla comunicazione e al coinvolgimento dei cittadini, in tutte le forme più moderne ed attuali.

Parte di questa ipotesi di lavoro fu poi effettivamente inserita nel programma dello Spoke 7 coordinato da Telmo Pievani e Isabella Saggio. Contemporaneamente anche il nascente Spoke 3 (Terra) attivò proposte concrete e un dibattito forte su questi stessi temi grazie al fondamentale e appassionato lavoro di Francesco Frati, di Marco Bologna e di alcuni altri colleghi coinvolti in altri spoke del Centro Nazionale Biodiversità. La proposta complessiva era ambiziosa, duplice e integrata: da un lato l’attenzione, l’aiuto, i servizi e il supporto anche organizzativo alla rete degli oltre 400 musei scientifici grandi e piccoli diffusi sul territorio Italiano, fino a ipotizzare, con tutte le specificità e le unicità del caso italiano, la progettazione di una vera e propria struttura nazionale (che a molti piace chiamare anche Museo Nazionale) che funzionasse come “hub” centrale di tutto l’immenso patrimonio materiale e immateriale dei tanti musei naturalistici locali che abbiamo ereditato dalla nostra complessa e unica storia geopolitica. Tutta questa operazione veniva presentata anche come un fondamentale lascito alla nazione alla fine dell’attività del nuovo Centro Nazionale Biodiversità.

Il cambio di paradigma è evidente: E’ noto che l’Italia non dispone di un istituto centrale dedicato alla ricerca faunistica e tassonomica sulla biodiversità, è noto altresì che l’Italia non ha mai incoraggiato la formazione di nuove generazioni di specialisti di Sistematica e di Tassonomia.  Giova però ricordare che sul territorio nazionale già operano, ma spesso con molta difficoltà e senza coordinamento tra loro, centinaia di strutture museali scientifiche aperte alla società con modalità e linguaggi diversificati per ogni tipo di utenza. E’ del tutto evidente la necessità di un elemento coagulante che metta a sistema tutto l’esistente e che fornisca ai musei italiani supporto, infrastrutture, professionalizzazione e forse anche un modello unico di governance. Un vero e proprio “istituto nazionale di ricerca, conservazione e comunicazione sulla biodiversità”. Un Museo Nazionale di nuova concezione nel quale sia fortemente integrato anche il CNR come avviene già in Australia (CSIRO), In Canada, e in Europa con Madrid e con altre strutture tedesche consorziatesi nella Leibnitz Association.

La comunicazione di Elena Canadelli e Luca Tonetti sullo Spoke 7 per i musei

Oggi l’intervento che mi ha preceduto di Elena Canadelli e di Luca Tonetti ci ha mostrato in quali campi si stia muovendo lo Spoke 7. Già realizzare tutto questo, in due anni, sarà un’impresa ardua. Quello che stenta ad affermarsi, ma che è necessario, è proprio trovare il modo di definire è di dar corso ad una fase progettuale finalizzata proprio alla fattibilità della realizzazione di una istituzione “nazionale” esattamente così come già era definita nel progetto iniziale delineato nello spoke 7. A mio parere è necessario riconsiderare e mantenere saldamente incastonata nelle azioni di questo Spoke trasversale, il progetto (non certo la realizzazione, che è altra cosa) di una istituzione che, tenendo conto della peculiarità italiana, lavori ad alto livello di integrazione per i tanti musei distribuiti sul territorio nazionale. Questa azione virtuosa manterrebbe viva nella nazione (nel Governo, nel CNR e nelle Università) uno stimolo concreto e motivato alla sua futura realizzazione. 

Un sogno, una grande conquista della cultura italiana, un sogno però innescabile con una ferma volontà ma con veramente pochi investimenti iniziali.

Va ricordato che, molto democraticamente, Telmo Pievani presentò formalmente all’ANMS (Associazione Nazionale Musei Scientifici) questa ipotesi di lavoro, in un convegno congiunto tenutosi a Padova, nel corso del quale ANMS, tramite il suo presidente espresse una posizione dubitativa, se non del tutto contraria, che fu dichiarata però senza una adeguata discussione condivisa con tutti i musei soci e rappresentò l’idea solo di una parte del Consiglio Direttivo. Personalmente ho ritenuto un errore epocale questa presa di posizione tendente a non sfruttare quello che il Centro Nazionale Biodiversità offriva alla museologia naturalistica italiana                                                                         

Lasciatemi elencare ora una sintesi della proposta.

L’insieme dei nostri musei di storia naturale comprende una quindicina di musei medio-grandi (alcuni di grandi dimensioni) e oltre 400 piccole e medie strutture del tutto scollegate tra loro e amministrate nei modi più disparati. Questa moltitudine di musei di scienze naturali non possiede quasi mai una dimensione sufficiente a garantire risorse per il loro funzionamento, accessibilità e crescita. Sintetizzo quindi, abbreviando solo per questioni di tempo, gli obiettivi specifici del progetto in relazione al CNB.  Chi fosse interessato li potrà a breve ritrovare come proposta nel mio Blog di museologia naturalistica. (vincenzovomero.eu). Si tratta, come dicevo, di realizzare con fondi CNB, uno studio di fattibilità e un progetto per un Museo Nazionale di Storia Naturale di totale nuova concezione.

Un Museo che dovrà agire come una infrastruttura di supporto e di coordinamento per la conservazione di collezioni naturalistiche inerenti i biota marini e terrestri. La nuova struttura sarà dotata di un team di ricercatori, tecnologi e tecnici altamente professionalizzati afferenti al Centro Nazionale Biodiversità che gestisca le collezioni nazionali e sviluppi ricerca all’avanguardia sulla sistematica e tassonomia degli organismi, sull’impatto dei cambiamenti globali e sulle dinamiche ecologiche. Il Museo Nazionale informerà e supporterà l’azione dello Stato con particolare riferimento ai cambiamenti ecosistemici, ai rischi di estinzione di genotipi, specie e comunità, diffusione di specie alloctone, sicurezza agro-alimentare, stato del patrimonio naturale nazionale, condizioni del patrimonio culturale naturalistico nazionale, impatto socioeconomico delle dinamiche ambientali e relazioni tra biodiversità, qualità ambientale e salute (con approccio One Health)

Il Museo Nazionale Italiano di storia Naturale (oppure chiamatelo con qualsiasi altro nome se l’aggettivo nazionale dà fastidio) visto che sarà l’ultimo nato, dovrà essere caratterizzato da una impostazione unica e di avanguardia nel panorama mondiale.

L’aula del Congresso a Via Archirafi

Non dobbiamo solo aspirare a adeguarci all’esistente ma ipotizzare una struttura perfettamente calibrata ai nuovi tempi così fortemente condizionati dalle crisi ambientali dell’Antropocene e che sia di assoluta eccellenza nella capacità di mettere totalmente al servizio della società da un lato una comunicazione innovativa e di avanguardia, e dall’altro la salvaguardia, l’accrescimento e lo studio delle collezioni con una ricerca naturalistica d’eccellenza. Il Museo Nazionale dovrà quindi curare l’assolvimento di diverse funzioni essenziali per il conseguimento degli obiettivi istituzionali da parte di tutta la rete dei soggetti compartecipanti, tra le quali si individuano prioritariamente le seguenti:

  • Favorire l’attività di comunicazione e di educazione di tutti i musei italiani che da questo punto di vista rimarrebbero saldamente legati al loro territorio
  • Mostrare, raccontare, coinvolgere e responsabilizzare sui processi naturali attraverso una grande strategia comunicativa sulla biodiversità
  • Coordinare e razionalizzazione le attività di ricerca sulle grandi collezioni naturalistiche presenti sul territorio nazionale che oggi sono distribuite nella miriade di musei scientifici attualmente attivi, secondo una strategia che mantenga l’individualità delle collezioni presenti, lasciandole nei musei che attualmente le custodiscono
  •  implementare una strategia unica nazionale condivisa tra le varie strutture che, assieme, collaborino alla definizione concettuale e fattuale del Museo Nazionale
  • Recuperare, conservare e salvaguardare ogni genere di reperti naturalistici biologici o documentali altrimenti destinati alla perdita o al deterioramento, soprattutto quelli futuri
  • Gestire una Banca genetica e molecolare: una facility nazionale per il deposito di sequenze e l’analisi genetiche, filogenetiche e molecolari e forse anche una “tipoteca”
  •  Informare mediante ricognizione permanente dei beni, studi, ricerche ed attività relative alla biodiversità del paese, con archiviazione permanente delle informazioni (tra cui una biblioteca nazionale della biodiversità), con costante ricognizione dell’expertise e delle professionalità disponibili e con l’individuazione di lacune e criticità cui porre rimedio.
  • E poi la Digititalizzazione e il Databasing: digitalizzare quindi i reperti naturalistici biologici italiani direttamente in house, con rendering 3D ad altissima definizione, integrare i dati provenienti da studi, ricerche e monitoraggi; allestire banche dati dinamiche permanentemente aggiornate sulla biodiversità nazionale
  • Operare nel campo della modellistica ed analisi dei dati: uso dei dati archiviati per rappresentare situazioni e tendenze e generare modelli e previsioni conformemente all’obiettivo di informare e supportare l’azione dello Stato.
  • Formare capitale umano: la scienza della biodiversità richiede innumerevoli competenze, ad esempio nei campi della morfo-anatomia, della biologia molecolare, dell’analisi filogenetica, nella ricostruzione di cicli biologici e nell’ecologia. Tuttavia, la piattaforma comune a ognuna di tali discipline è rappresentata dalla tassonomia, la capacità di riconoscere gli attori della biodiversità — gli organismi — e di rappresentarli in un modo scientificamente corretto che rispecchi le relazioni evolutive degli stessi secondo un sistema di classificazione accettato e condiviso. Sarà quindi necessario porre fine al crescente “taxonomic impediment”. E’ impensabile che oggi in Italia per numerosissimi gruppi di organismi che svolgono ruoli essenziali nel funzionamento degli ecosistemi non vi sia neanche uno specialista in grado di riconoscere le diverse specie.

In estrema sintesi, una simile struttura, nel pieno contesto del CNB, rappresenterà un lascito straordinario (forse l’unico permanente) del Centro, e

  • Costituirà un centro di aggregazione delle competenze tassonomiche nazionali.
  • Ospiterà i numerosi ricercatori reclutati e formati sulla biodiversità nell’ambito del Centro Nazionale.
  • Costituirà un preciso e solido riferimento anche per la Strategia Nazionale Biodiversità.
  • E potrebbe costituire il nucleo fondante di un futuro Istituto Nazionale per la Biodiversità di concezione totalmente nuova e originale. 

Per chiudere, con il lavoro potenziato dei Musei di storia naturale, oltre alla ricerca ed alla conservazione, la nostra comunicazione dovrà raggiungere tutti gli snodi nevralgici della società, e tutta la Nazione.  I musei naturalistici oggi devono diventare i grandi megafoni che tengono alta l’attenzione sullo stato del Pianeta, in questa nuova era che genera interrogativi mastodontici proprio sull’uomo, sul suo futuro e sul suo ambiente di vita.

E noi ricercatori attuali che facciamo il grosso di questo lavoro ce ne dobbiamo assumere tutta la responsabilità. Sta proprio a noi naturalisti e a noi zoologi in particolare agire con profonda convinzione nel migliore dei modi e con tutta quella “passione” che ci ha sempre caratterizzato.

Grazie per l’attenzione

NOTA BENE – Nelle prime fasi della creazione del Centro Nazionale Biodiversità e nella prima descrizione dello Spoke 7 compariva un punto specifico dedicato alla

– Progettazione di una struttura nazionale museologica sulla biodiversità che andrebbe a colmare una delle più grandi lacune del nostro paese, unico tra le grandi nazioni europee e del G7 a non possedere un Museo Nazionale di Scienze Naturali, avendo come baricentro la Biodiversità a tutti i livelli, marina, terrestre e Urban nature (quest’ultima anche come espressione dell’Antropocene). La struttura ipotizzata contribuirebbe inoltre alla creazione di un sistema museale naturalistico italiano, per mettere finalmente in rete tutti i Musei italiani, gli orti botanici, gli acquari e le altre istituzioni depositarie di collezioni naturalistiche. Questa struttura rappresenterà un lascito straordinario e concreto del Centro Nazionale per la Biodiversità e costituirà un centro di aggregazione delle competenze tassonomiche nazionali, inclusi i ricercatori formati nell’ambito del CNB, e costituirà il riferimento istituzionale per la Strategia Nazionale della Biodiversità.


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Commenti

3 risposte a “Una “road map” per i musei naturalistici italiani con il supporto del National Biodiversity Future Center”

  1. Avatar Carla Marangoni
    Carla Marangoni

    Condivido pienamente premesse, analisi e obiettivi del tuo intervento. Spero lo facciano anche i decisori…

  2. Avatar Maurizio Gattabria
    Maurizio Gattabria

    Letto e studiato. Prospettive logiche in delirio onirico, al più vedremo promesse. Bella la tua pervicacia, ce ne fossero!

  3. Avatar Spartaco Gippoliti
    Spartaco Gippoliti

    E’ un peccato che dopo mezzo secolo di storia onorata (tra l’altro ricordati appena) l’ANMS sia diventato un ostacolo alla nascita di un centro nazionale che potesse supportare quella che si potrebbe definire, in Inglese “specimen-based comparative biology” (agli accademici piacciono questi nomi). Solo attraverso la consapevolezza di quanto questo tipo di approccio produca conoscenze solidissime e basilari per tante discipline (cito comportamento, ecologia, conservazione e salute) sarà possibile fare capire l’importanza di mantenere nel lungo termine le collezioni (che sono sempre meno quello che viene percepito come ‘museo’) anche alla comunità scientifica. Per questo devo aggiungere alle ‘citazioni’ di Vincenzo, anche quella di un paper pubblicato da Andreone e collaboratori nel 2022: Reconnecting research and natural history museums in Italy and the need of a national collection biorepository (Zookeys) che è stato già citato diverse volte nella letteratura internazionale. Dico questo perché non solo appare curioso che nessuno degli autori sia stato invitato a parlare ai diversi simposi succedutesi sul tema, ma soprattutto perché ciò evidenzia una estrema attenzione al tema che va ben oltre i confini italiani e in cui l’Italia avrebbe potuto (ma probabilmente non lo farà) mandare un messaggio controcorrente importantissimo per la biodiversità che non è slogan.

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